Sulla strada del minor impatto ambientale
Nell’immaginario comune, abitiamo un mondo ecologicamente perfetto, il cui ecosistema è compromesso dalla presenza della plastica, da considerare unica nemica dell’equilibrio terrestre.
Dal 1907, con l’introduzione della prima plastica sintetica chiamata Bakelite, la produzione annuale è aumentata di circa 200 volte per più di 381 milioni di tonnellate all’anno: l’equivalente della massa di due terzi della popolazione mondiale.
A crescere anche il risentimento verso essa che trova soluzione nello slogan “Riduci, Riutilizza, Ricicla”: tre concetti solo apparentemente semplici, ma che riguardano l’interno rinnovamento dei sistemi economici lineari che appartengono ancora oggi alla maggior parte delle grandi e piccole realtà aziendali.
Si tratta di una ricerca olistica, che per un analista ambientale equivale ad un computo scientifico, mentre nel caso di un designer corrisponde al rovello professionale ed etico per antonomasia in questi anni.
La plastica è il materiale più diffuso in quanto democratico, rappresenta quindi la soluzione più accessibile, ragione per la quale è stata sposata dal consumismo: un fenomeno da riconoscere come colpevole di una sovrapproduzione di oggetti che tendiamo a considerare di breve durata e che, corredato da un atteggiamento ben poco responsabile, ha causato i disastri ambientali con cui dobbiamo fare i conti già da tempo. In altre parole, “plastica” equivale a “rifiuto”, e ci risulta difficile comprendere come una produzione realmente responsabile debba valutare, in ogni suo singolo passaggio, il minor male nei confronti dell’ambiente.
Il problema che riecheggia costantemente è l’inquinamento dei mari e degli oceani, il quale ha dato impulso alla conversione e all’utilizzo di materiali di origine naturale.
Ci affidiamo a luoghi comuni, non approfondiamo quanto la lavorazione di questi materiali naturali abbia un impatto ancora maggiore per renderli appetibili dal mercato, per ottenere spesso un prodotto che non è nemmeno durevole nel tempo.
Dove sta la scelta giusta allora?
Risiede nel considerare l’ambiente come il vero utente finale di un prodotto e ripensare alla sua produzione nell’ottica del design circolare ove tutti i materiali impiegati, possano essere reintrodotti in un loop infinito, eliminando l’idea che la vita di un oggetto prima o poi debba arrivare al termine.
Siamo tutti progettisti della contemporaneità e la nostra responsabilità consiste nell’operare scelte consapevoli.